Le strategie di sopravvivenza batterica suggeriscono di ripensare la cooperatività del cancro – Bacterial survival strategies suggest rethinking cancer cooperativity
Codice: MUT003
Autore: Ben-Jacop et al.
Data: 2012
Rivista: Trend in Microbiology 20(9):403-410
Argomento: mutagenesi
Accesso libero: no
DOI: https://doi.org/10.1016/j.tim.2012.06.001
URL: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/22750098/
BLOG: https://www.metododibellaevidenzescientifiche.com/2022/01/21/mut003-ben-jacop-et-al-2012/
Parole chiave: strategie di cooperazione contro il cancro, reti sociali cellulari, processo decisionale cellulare, spionaggio di cellule tumorali, resistenza ai farmaci antitumorali, batteri e cancro
Tumore: n/a
Traduzione: totale e fedele
Punti di interesse
Punti di interesse: I batteri sono ora riconosciuti come entità intelligenti che possono condurre vite sociali complesse usando un sofisticato linguaggio chimico. Lavorando insieme, sono in grado di prosperare in habitat altamente competitivi. Utilizzando la comunicazione avanzata, i batteri costruiscono colonie complesse. I batteri diventano dormienti quando la vita è insostenibile e si rianimano quando è vantaggioso farlo. Inoltre, i batteri hanno sviluppato collettivamente una miriade di strategie di risposta efficienti per affrontare efficacemente gli agenti antibiotici naturali e artificiali. Queste caratteristiche associate alla socialità batterica hanno le loro controparti nei tumori. Leggi tutto
Come i batteri, le cellule tumorali sviluppano comunità complesse di cellule che cooperano (tumori primari) con differenziazione cellulare e distribuzione dei compiti, si impegnano nel processo decisionale collettivo e cambiano collettivamente il loro ambiente. Possono inviare segnali per indurre cambiamenti epigenetici nelle cellule stromali circostanti e renderle schiave a loro vantaggio (es. angiogenesi). Le cellule tumorali possono anche reclutare cellule stromali per circondare il tumore e usarle per ingannare il sistema immunitario o per fornire uno scudo contro le sostanze chimiche tossiche. Il tumore primario è una comunità altamente strutturata abilitata da molteplici linee di comunicazione, non una raccolta casuale di singole cellule che si comportano male.
Le capacità collettive del cancro sono concetti chiave per la comprensione delle dinamiche tumorali; nello studio e comprensione del cancro non si può procedere continuando a utilizzare l’ipotesi di un’instabilità genetica non coordinata delle singole cellule tumorali. Il quadro emergente è che il cancro, tumore primario e metastasi combinate, sia una società multiclonale di cellule intelligenti e comunicanti dotate di tratti specifici per comportamenti cooperativi di successo. Crediamo che il riconoscimento di questo paradigma dei comportamenti sociali del cancro aiuterà a far progredire la nostra comprensione della malignità e ispirerà nuove direzioni di ricerca.
Perché il cancro, una malattia degli organismi eucarioti, condivide così tante caratteristiche con una colonia di procarioti (batteri)? Una possibile soluzione a questo enigma deriva dalla consapevolezza che il cancro rappresenta una forma di vita atavica, che deriva a seguito di una rottura dei processi regolatori precisi e avanzati che sono alla base dell’organizzazione multicellulare delle cellule eucariotiche. Pertanto, le cellule tumorali ricorrono a strategie di sopravvivenza primitive che ritroviamo nei batteri dove sono state perfezionate.
Similitudini colonie batteriche e tumori
1) Plasticità / resistenza ai trattamenti
La plasticità innata regolata collettivamente è una strategia chiave condivisa da batteri e cellule tumorali. Oltre alla diversificazione fenotipica, i tumori sono anche focolai di sperimentazione genetica e variabilità genetica funzionale. Osservazioni acquisite attraverso tecnologie di sequenziamento di nuova generazione hanno chiaramente rivelato l’esistenza di sottopopolazioni clonali con una complessa organizzazione spazio-temporale.
Come nei batteri, la proliferazione conferisce alle cellule tumorali la capacità di evolversi. La variabilità genetica che è un aspetto importante della progressione del tumore, è un attore altrettanto importante nella resistenza ai farmaci. Questa evoluzione non è causale.
I batteri possiedono diversi meccanismi con i quali possono regolare le probabilità di trovare e correggere le mutazioni benefiche appropriate. Possono creare sottopopolazioni ipermutabili, possono, attraverso la ricombinazione omologa del DNA, appropriarsi del DNA dalle cellule che sono diventate competenti. Idee simili sono emerse per le cellule tumorali. Ci sono prove di cloni altamente mutabili, prove che condizioni esterne come l’ipossia possa provocare mutazioni, e anche evidenze di scambi genetici tramite esosoni (Box 1). C’è anche la possibilità completamente nuova di resistenza a causa di cambiamenti proteici che si verificano tramite splicing alternativo (ad es. cambiamenti nelle proprietà di dimerizzazione).
Viaggio nel tempo
La ricaduta del cancro segnala la ricomparsa o la recidiva della malattia dopo che non era stata rilevata da scansioni e esami del sangue. Ora si comprende che il cancro coinvolge cellule disseminate dormienti con caratteristiche simili a quelle delle cellule staminali cancerose (Box 2). Queste cellule possono essere quiescenti indefinitamente prima di germogliare eventualmente in tumori secondari conclamati. La situazione analoga nei batteri è quella della sporulazione e della successiva germinazione. Questa scelta è simile a un viaggio nel tempo verso un futuro migliore, uno dei tanti “trucchi” sviluppati per la prima volta nei batteri e utilizzati dalle cellule tumorali per sfuggire alle condizioni attualmente letali. La sporulazione è una risposta estrema a condizioni stressanti che è essenzialmente una scommessa su un futuro incerto che è migliore del presente inospitale. Le spore possono germogliare, creando così nuove colonie batteriche in crescita. Si sta ora riconoscendo che la germinazione non solo richiede condizioni ambientali favorevoli, ma coinvolge anche segnali provenienti da altre cellule. La scoperta dei segnali che innescano la germinazione delle cellule tumorali dormienti può portare allo sviluppo di nuove strategie terapeutiche. Al momento, tuttavia, non siamo in grado di impedire che le “bombe a orologeria” delle cellule dormienti esplodano in una malattia metastatica completa. C’è inoltre una svolta interessante in quanto quando il cancro si ripresenta, spesso lo fa in una forma resistente al trattamento. Una possibilità interessante è che una frazione delle cellule che entrano in dormienza sono quelle che hanno acquisito l’immunità allo stress applicato.
Metastasi: colonizzazione tumorale di nuovi territori
I pazienti muoiono raramente per gli effetti diretti di un tumore primitivo; le metastasi, gli avamposti tumorali delle cellule tumorali che colonizzano organi distanti, sono responsabili di circa il 90% dei decessi per cancro. Tuttavia, questo complesso processo rimane uno degli aspetti più enigmatici ed elusivi della patogenesi del cancro.
Il processo prevede tre fasi principali: (i) lasciare il nido – le cellule con caratteristiche uniche (come la capacità di muoversi attraverso i tessuti) lasciano il tumore primario e migrano verso il sistema vascolare o linfatico; (ii) disseminazione: le cellule entrano nella circolazione, viaggiano in parti distanti e quindi escono nel tessuto locale; e (iii) colonizzazione, piccole microcolonie seminate crescono in tumori secondari.
Alcune domande ancora senza risposta: le cellule che si distaccano dal tumore primario perché e come lo fanno? è dovuto all’accumulo di mutazioni casuali o ai cambiamenti indotti dal tumore primario? Gli autori propongono una visione alternativa: le metastasi potrebbero essenzialmente essere una risposta “programmata”, controllata dal tumore primario (comunità madre), che modella deliberatamente alcune cellule per colonizzare territori stranieri. Piuttosto che essere un clone indipendente mutato dal tumore primario, le cellule metastatiche potrebbero essere membri della società con specifici compiti assegnati dalla colonia madre. Questa nuova visione deriva da fenomeni analoghi osservati per le colonie batteriche. E’ stato infatti visto in colonie batteriche che queste inviando gruppi di cellule che tornano alla colonia madre con informazioni raccolte, subiscono una complessa morfogenesi interna, e diffondono poi ulteriori gruppi pionieristici di cellule che migrano e invadono territori lontani. Sembra esserci una costante comunicazione chimica tra la colonia madre e le cellule pioneristiche, uno scambio di informazioni a due vie. Parti di questo scenario sembrano applicabili quasi direttamente alla diffusione del cancro. (Box 3).
Inganno del sistema immunitario
I meccanismi di lotta contro il cancro del corpo sono simili a quelli che combattono i batteri e il cancro, da parte sua, sembra acquisire una varietà di tattiche simili a quelle impiegate dai batteri per superare il meccanismo immunitario. Questi includono, ad esempio, mascherare le cellule per impedire il rilevamento, il rilascio di immunomodulatori per abbattere il sistema immunitario e confondere il sistema immunitario inviando messaggi spuri. Stando così le cose, l’interazione batteri-sistema immunitario può fornire preziosi indizi per una migliore comprensione della complessa relazione cancro-immunità.
Le intriganti somiglianze tra le comunità di batteri e le cellule tumorali nei tumori motivano l’idea che la socialità batterica possa essere una fonte di ispirazione sulla tumorigenesi. La nostra conseguente ipotesi di fondo è che una solida comprensione del cancro non può essere raggiunta senza concentrarsi sulle sue capacità organizzative collettive. Questa congettura implica specificamente che non è sufficiente studiare l’instabilità genetica non coordinata come un modo per dare un senso alla progressione del tumore e alla resistenza ai farmaci tumorali e suggerisce che la mancanza di comprensione della cooperatività del cancro si traduce nell’incapacità di ideare trattamenti efficaci di lunga durata.
Alcune delle ipotesi chiave derivanti da questa linea di pensiero:
a) I tumori primari aiutano le cellule sia a partire che a tornare alla massa cellulare neoplasmatica principale. Questa guida deve assumere la forma dell’emissione collettiva di agenti chimici repulsivi e attraenti con una tempistica adeguata.
b) Le informazioni dai nascenti avamposti metastatici vengono riportate al tumore primario, sia restituendo cellule che segnali emessi.
c) Le transizioni dentro e fuori la dormienza sono processi decisionali collettivi.
d) I tassi cellulari di modifica genetica/fenotipica, sono accoppiati a vie di segnalazione sensibili al microambiente locale. L’ambiente circostante è legato alla plasticita genetica e fenotipica del cancro. Ciò suggerisce che l’interruzione della segnalazione potrebbe dominuire il tasso di emergenza dei cloni resistenti ai farmaci.
Traduzione dell’articolo
Riassunto
Nonostante decenni di una migliore comprensione della biologia del cancro, siamo ancora sconcertati dalle domande sui tratti più letali della malignità: colonizzazione metastatica, dormienza e ricaduta e rapida evoluzione di farmaco resitenza e immunitaria. Servono nuove idee per risolvere queste criticità. Basandosi sulla ricerca e la dimostrazione di parallelismi tra le capacità di comportamento collettivo delle cellule tumorali e quella dei batteri, suggeriamo comportamenti comuni dei batteri come un prezioso sistema modello per nuove prospettive e direzioni di ricerca. Comprendere i modi in cui i batteri prosperano in habitat competitivi e le loro strategie cooperative per sopravvivere a stress estremi può far luce sulla cooperatività nella tumorigenesi e ritrarre i tumori come società di cellule comunicanti intelligenti. Ciò può tradursi in progressi nell’analisi della patogenesi del cancro. Descriviamo nuovi esperimenti per testare l’ipotesi di cooperatività del cancro e discutiamo su come il cancro può essere superato in astuzia attraverso la sua stessa “intelligenza sociale”. Leggi tutto
Disegnare parallelismi tra batteri e cancro
Le speranze di una cura generale efficace per il cancro sono aumentate vertiginosamente con lo sviluppo di regimi chemioterapici avanzati negli anni ’70 e ’80, solo per svanire a causa dei tassi di sopravvivenza ancora cupi [1]. Lo sviluppo più recente di agenti biologici mirati ha sollevato una nuova ondata di speranza, ma sfortunatamente sembra che nella maggior parte dei casi questi trattamenti funzionino per un tempo limitato dopo il quale la neoplasia si ripresenta, spesso in una forma più aggressiva [2]. In modo frustrante, gli aspetti più allarmanti, vale a dire metastasi [3], recidiva [4] e resistenza multipla ai farmaci [5], sono ancora poco conosciuti e clinicamente insuperabili. È ampiamente riconosciuto che i paradigmi prevalenti debbano essere riesaminati. Proponiamo di guardare ai batteri, concentrandoci sulla loro socialità e sulle strategie di sopravvivenza collettiva [6–9], come un valido sistema modello per ispirare nuove ipotesi e indagini utili per lo sviluppo di nuove terapie.
I batteri sono ora riconosciuti come entità intelligenti che possono condurre vite sociali complesse usando un sofisticato linguaggio chimico; uno che abbiamo iniziato a decodificare solo di recente. Lavorando insieme, sono in grado di prosperare in habitat altamente competitivi (come la rizosfera) co-colonizzati da diversi microrganismi. Utilizzando la comunicazione avanzata (ad esempio, il quorum sensing) [10,11], i batteri costruiscono colonie complesse e comunità di biofilm. I batteri diventano dormienti quando la vita è insostenibile e si rianimano quando è vantaggioso farlo [12]. Inoltre, i batteri hanno sviluppato collettivamente una miriade di strategie di risposta efficienti (ad esempio, cellule persistenti tolleranti ai farmaci [13,14]) per affrontare efficacemente gli agenti antibiotici naturali e artificiali [15]. Queste caratteristiche associate alla socialità batterica hanno le loro controparti nei tumori e possono aiutare a guidare la visione del tumore solido come una comunità sociale con capacità di sopravvivenza spettacolari [16-19].
È già stato ipotizzato che le cellule tumorali possano utilizzare meccanismi simili al quorum sensing batterico durante la colonizzazione metastatica [17] e che le intuizioni ottenute dallo sciame collettivo in altri biosistemi, inclusi i batteri, potrebbero essere preziose per gli studi sull’invasione collettiva [18] ]. Altri si basano sull’analogia tra la rapida evoluzione della resistenza ai farmaci antitumorali e la resistenza batterica agli antibiotici [20-23] per suggerire che la “risposta allo stress programmata e collettiva” dei batteri aiuta a spiegare il rapido sviluppo della resistenza ai farmaci antitumorali [20] e che può essere “istruttivo per lo sviluppo di un approccio più razionale alla terapia del cancro’ [21]. Qui vogliamo far avanzare ulteriormente questo quadro e porre i molti aspetti rilevanti per la biologia del cancro sotto lo stesso ombrello concettuale. Discuteremo le lezioni da trarre dalla socialità batterica, compreso il processo decisionale stocastico [24], dai processi di sporulazione [12] e germinazione [25], e dal ruolo della plasticità genetica nelle colonie [26].
La nostra ipotesi guida è che le capacità collettive del cancro siano concetti chiave per la comprensione delle dinamiche tumorali; non si può procedere con successo continuando a utilizzare l’ipotesi di un’instabilità genetica non coordinata delle singole cellule. Il quadro emergente è quello del cancro, tumore primario e metastasi combinate, come società multiclonale di cellule intelligenti comunicanti dotate di tratti specifici per comportamenti cooperativi di successo. Crediamo che il riconoscimento di questo paradigma dei comportamenti sociali del cancro aiuterà a far progredire la nostra comprensione della malignità e ispirerà nuove direzioni di ricerca. In definitiva, speriamo che questo porti allo sviluppo di approcci terapeutici rispettosi dell’uomo. Ci auguriamo inoltre che presentare una nuova visione delle principali questioni aperte e delle sfide affrontate nella biologia del cancro ispiri nuovi studi sulle comunità microbiche ad ampliare ulteriormente le basi per il trasferimento di idee e concetti importanti in questi campi.
La saggezza della colonia
I batteri sono gli organismi più prolifici sulla Terra. In natura, o in laboratorio in condizioni che imitano ambienti naturali ostili, molti batteri selvatici lavorano in gruppo per sviluppare colonie grandi e complesse adattabili a un’ampia varietà di ambienti difficili [6–9]. Per coordinare tali iniziative multicellulari cooperative, i batteri comunicano usando un linguaggio chimico che solo di recente abbiamo iniziato a decodificare [10,11]. I batteri utilizzano un ampio repertorio di agenti biochimici, da molecole semplici a proteine complesse, e persino cassette di informazioni genetiche come plasmidi ed esosomi (nanovescicole sferiche che possono trasportare segmenti di RNA e DNA) [27].
La comunicazione tra i batteri consente la formazione di colonie complesse. Questi si comportano in modo molto simile alle comunità sociali con un’elevata variabilità cellula-cellula, condivisione di risorse e informazioni e regolazione della differenziazione cellulare e distribuzione dei compiti. Distinte sottopopolazioni di cellule possono essere reclutate per incarichi speciali quando necessario, come cellule persistenti per la resistenza agli antibiotici [13,14] e cellule competenti per il campionamento della variazione genetica disponibile [28]. Alcuni batteri sociali, come il Paenibacillus vortex, costruiscono colonie con una spettacolare architettura gerarchica. Quando vengono coltivati su superfici dure, questi batteri autolubrificanti generano e spingono in avanti gruppi di viaggiatori specializzati che aprono la strada all’espansione della colonia (Figura 1) [6,9]. Queste parti (densi gruppi di batteri rotanti o vortici) fungono da elementi costitutivi di colonie con una complessa organizzazione modulare. La maggiore complessità conferisce alla colonia una maggiore flessibilità per riorganizzarsi secondo necessità (ad es. di fronte a ostacoli fisici o sostanze chimiche tossiche), con conseguente aumento degli antibiotici resistenza e nel complesso una migliore adattabilità ad ambienti eterogenei come il suo habitat naturale, la rizosfera.
I batteri non solo esibiscono una complessa organizzazione spaziale, ma esprimono anche un’intelligenza sociale rudimentale [6]. Possono raccogliere collettivamente informazioni dall’ambiente ed elaborarle, sviluppare l’identità di gruppo, rilevare imbroglioni e disertori, pianificare il futuro, imparare dall’esperienza, risolvere problemi e impegnarsi nel processo decisionale a livello di gruppo. Questi sono particolarmente cruciali nelle società multicoloniali come i biofilm in cui specie diverse devono coordinare le loro attività. Un tempo considerate altamente speculative, queste nozioni stanno diventando accettate nel campo della microbiologia e stanno portando allo sviluppo di nuove strategie per combattere i batteri patogeni. Gli esempi includono la manomissione della comunicazione cellula-cellula o l’invio di segnali fuorvianti per innescare il cannibalismo batterico o la dissoluzione del biofilm [29]. Per lo meno, la nostra maggiore comprensione dei meccanismi di resistenza batterica aiuta a orientare le scelte corrette nell’uso degli agenti antibiotici.
Il tumore come comunità di cellule sociali intelligenti
Simile ai batteri, le cellule tumorali sviluppano cooperativamente comunità complesse (tumori primari) con differenziazione cellulare e distribuzione dei compiti, si impegnano nel processo decisionale collettivo e cambiano collettivamente il loro ambiente [16,18,30,31]. Le cellule cancerose possono acidificare il loro microambiente a loro vantaggio [32]. Possono inviare segnali per indurre cambiamenti epigenetici nelle cellule stromali circostanti e renderle schiave a loro vantaggio. L’esempio meglio studiato di questo è l’angiogenesi indotta dal cancro [33]. Man mano che il tumore cresce, secerne il fattore di crescita endoteliale vascolare e altri fattori di angiogenesi, inducendo le cellule endoteliali vicine a formare vascolarizzazione. Le cellule tumorali possono anche reclutare cellule stromali per circondare il tumore e usarle per ingannare il sistema immunitario o per fornire uno scudo contro le sostanze chimiche tossiche. Dobbiamo pensare al tumore primario come a una comunità altamente strutturata abilitata da molteplici linee di comunicazione, non come una raccolta casuale di singole cellule che si comportano male [34].
Perché il cancro, una malattia degli organismi eucarioti, condivide così tante caratteristiche con una colonia di procarioti? Una possibile soluzione a questo enigma deriva dalla consapevolezza che il cancro rappresenta una forma di vita atavica, che deriva a seguito di una rottura dei processi regolatori precisi e avanzati che sono alla base dell’organizzazione multicellulare delle cellule eucariotiche [35]. È stato ipotizzato che questa scomposizione a livello di sequenza genetica, a livello di splicing dell’RNA [36], a livello di epigenetica della cromatina e a livello di espressione proteica, sblocchi di “antichi toolkit” di adattamenti preesistenti [35] . Pertanto, le cellule tumorali ricorrono a strategie di sopravvivenza (primitive) più fondamentali che sono state perfezionate dai batteri; rapida proliferazione per creare un gran numero di cellule, generando popolazioni estremamente diversificate e facendo in modo che le cellule si informino continuamente su cosa sta funzionando e dove l’erba è più verde.
La plasticità innata regolata collettivamente è una strategia chiave condivisa da batteri e cellule tumorali. Oltre alla diversificazione fenotipica, i tumori sono anche focolai di sperimentazione genetica e variabilità genetica funzionale. Il rapido accumulo di osservazioni acquisite attraverso tecnologie di sequenziamento di nuova generazione ha chiaramente rivelato l’esistenza di sottopopolazioni clonali con una complessa organizzazione spazio-temporale [37]. Le cellule stromali che circondano il tumore possono anche mostrare genomi modificati che consentono loro di prendere parte alla crescita e alla progressione del tumore, rendendo discutibile l’opinione che i tumori attendano passivamente il verificarsi sequenziale di mutazioni specifiche in geni specifici. Le lezioni apprese dai batteri suggeriscono una visione più dinamica di una strategia di sopravvivenza ampia, sfaccettata e coordinata che distorce le probabilità a favore di utili cambiamenti genetici, epigenetici e fenotipici.
Come accennato in precedenza, gli aspetti più enigmatici del problema del cancro riguardano la dormienza e la ricaduta, la progressione metastatica e la resistenza ai farmaci e al sistema immunitario. Per ognuno di questi è assolutamente necessario un ripensamento sulla logica del cancro e del suo trattamento, ripensamento basato sulla logica dei batteri.
Plasticità innata e rapido sviluppo della farmacoresistenza
Proprio come il trattamento con antibiotici può dar luogo a ceppi batterici resistenti, la terapia con farmaci antitumorali porta spesso all’emergere di cellule tumorali resistenti [5,20–22,35,38].
La proliferazione incontrollata non solo conferisce alle cellule tumorali la capacità di crescere, ma anche di una proprietà cruciale che spesso accompagna la crescita: la capacità delle cellule maligne di evolversi [20,21,35,39]. La variabilità genetica che, come abbiamo discusso, è un aspetto importante della progressione del tumore, è un attore altrettanto importante nella resistenza ai farmaci. La possibilità più semplice è ovviamente che i cloni resistenti emergano casualmente e siano selezionati preferenzialmente; questo meccanismo risale al lavoro originale di Delbruck e Luria sugli antibiotici. Tuttavia, ci sono altre possibilità.
Le cellule batteriche possiedono una varietà di meccanismi mediante i quali possono regolare le probabilità di trovare e correggere le mutazioni benefiche appropriate. Una strategia è la creazione, sotto il controllo di segnali collettivi, di una sottopopolazione ipermutabile [26]. Un secondo è attraverso la ricombinazione omologa del DNA assorbito dalle cellule che sono diventate competenti [28]. Lavori recenti in habitat appositamente progettati mostrano che gli effetti ambientali (sotto forma di gradienti) possono accelerare l’evoluzione, sebbene il modo in cui ciò avvenga è ancora incerto [23]. Non sorprende, e in linea con la nostra tesi centrale, che idee simili siano emerse per le cellule tumorali [20,21,40]. Ci sono prove di cloni altamente mutabili, prove che condizioni esterne come l’ipossia possa provocare mutazioni, e anche evidenze di scambi genetici tramite esosoni (Box 1). C’è anche la possibilità completamente nuova di resistenza a causa di cambiamenti proteici che si verificano tramite splicing alternativo (ad es. cambiamenti nelle proprietà di dimerizzazione) [36].
Inoltre, i batteri ci hanno insegnato che i cambiamenti genetici possono essere facilitati e talvolta resi quasi inutili dai gradi di libertà epigenetici. Ad esempio, le cellule persistenti a crescita lenta consentono la sopravvivenza immediata in presenza di agenti anticrescita e danno al sistema genetico più tempo per trovare una soluzione permanente [13,14,42]. Ciò può essere ottenuto anche modellando attivamente l’ambiente per limitare l’accesso agli agenti antibiotici. Una strategia simile è stata suggerita anche per il cancro, ma richiede una valutazione quantitativa [21]. Tra parentesi, si è dimostrato fondamentale studiare i batteri di tipo selvatico piuttosto che i ceppi artificiali; allo stesso modo, è altamente incerto se i modelli di cancro realizzati mediante manipolazioni genetiche di oncogeni molto specifici possano fungere da predittori affidabili delle dinamiche di resistenza ai farmaci.
Viaggio nel tempo cellulare e disarmo delle bombe a orologeria
Il prossimo aspetto enigmatico della biologia del cancro ha a che fare con la dormienza e la ricaduta [4,43]. La ricaduta del cancro segnala la ricomparsa o la recidiva della malattia dopo che non era stata rilevata da scansioni e esami del sangue. Ora si comprende che il cancro coinvolge cellule disseminate dormienti che potrebbero essere o condividere caratteristiche simili a quelle delle cellule staminali cancerose (Box 2). Queste cellule possono essere quiescenti indefinitamente prima di germogliare eventualmente in tumori secondari conclamati. La situazione analoga nei batteri è quella della sporulazione e della successiva germinazione. Questa scelta è simile a un viaggio nel tempo verso un futuro migliore, uno dei tanti “trucchi” sviluppati per la prima volta nei batteri e utilizzati dalle cellule tumorali per sfuggire alle condizioni attualmente letali. Il box 2 presenta una nuova comprensione della sporulazione come processo decisionale collettivo, stocastico a livello cellulare individuale ma controllato sulla scala della colonia. Nel cancro, l’equilibrio del processo decisionale delle singole cellule (basato sull’interazione con il suo microambiente locale [44], incluso lo stato locale del sistema immunitario) e dei processi collettivi (che coinvolgono segnali provenienti da cellule vicine che comprendono una “micro-metastasi dormiente ‘ e, in modo più speculativo, dal tumore primario – vedi sotto) è un’area matura per l’indagine.
Le spore possono germogliare, creando così nuove colonie in crescita. Si sta ora riconoscendo che la germinazione non solo richiede condizioni ambientali favorevoli, ma coinvolge anche segnali provenienti da altre cellule. Ad esempio, una recente ricerca sul Bacillus subtilis ha dimostrato che le spore possono percepire la presenza di cellule in crescita vicine e dedurre che le condizioni locali sono diventate favorevoli [25]. Questo alla fine potrebbe essere la ragione della meticolosa organizzazione spaziale delle spore in creste nella colonia.
Dovrebbe essere una chiara priorità identificare le informazioni ambientali così come i segnali intercellulari che convertono le cellule dormienti in micrometastasi in crescita. Un’ipotesi plausibile, basata sul fatto che i segnali batterici passano da colonia a colonia, è che il tumore secondario nascente rimanga in comunicazione chimica con quello primario e questi segnali possano innescare una rinnovata crescita. Tuttavia, la posizione è di uguale importanza; le cellule tumorali possono essere piuttosto esigenti su dove crescere, proprio come la maggior parte delle specie batteriche. È interessante notare che è stato dimostrato che le cellule che si depositano nei tessuti attualmente inadatti alla crescita possono rimanere dormienti ma vitali.
La scoperta dei segnali che innescano la germinazione delle cellule tumorali dormienti può portare allo sviluppo di nuove strategie terapeutiche [45]. Ad esempio, invece di aspettare che le cellule maligne dormienti si attivino e attacchino il corpo di sorpresa, si può immaginare di far risvegliare le cellule dormienti in un momento specifico dopo aver potenziato il sistema immunitario, attaccando così le cellule in crescita quando sono ancora vulnerabili . In alternativa, possono essere sviluppati farmaci per prevenire la germinazione delle cellule dormienti bloccando i segnali di “detonazione” o bloccando i recettori che attivano, tenendo così sotto controllo il cancro dormiente. Al momento, tuttavia, non siamo in grado di impedire che le “bombe a orologeria” delle cellule dormienti esplodano in una malattia metastatica completa.
Metastasi: colonizzazione tumorale di nuovi territori
Le cellule dormienti disseminate sono solo un pezzo dell’intero puzzle delle metastasi. I pazienti muoiono raramente per gli effetti diretti di un tumore primitivo; le metastasi, gli avamposti tumorali delle cellule tumorali che colonizzano organi distanti, sono responsabili di circa il 90% dei decessi per cancro [3]. Tuttavia, questo complesso processo (Figura 2) rimane uno degli aspetti più enigmatici ed elusivi della patogenesi del cancro.
Il processo prevede tre fasi principali [46]: (i) lasciare il nido – le cellule con caratteristiche uniche (come la capacità di muoversi attraverso i tessuti; vedi Box 3) lasciano il tumore primario e migrano verso il sistema vascolare o linfatico; (ii) disseminazione: le cellule entrano nella circolazione, viaggiano in parti distanti e quindi escono nel tessuto locale; e (iii) colonizzazione, piccole microcolonie seminate crescono in grandi tumori secondari.
Per quanto riguarda il primo stadio, non è chiaro quando e come le cellule del tumore primario acquisiscano i loro tratti speciali, se ciò sia dovuto all’accumulo di mutazioni casuali o ai cambiamenti indotti dal tumore primario. Sono queste cellule opportunistiche che lasciano il tumore a caso quando le condizioni peggiorano o sono parti di foraggiamento innescate da segnali inviati dal tumore primario? Un problema chiave con la prima ipotesi è la sorprendentemente piccola probabilità di successo per queste cellule, non una scommessa sensata come risposta di una singola cellula [47]. Ciò ha portato alcuni ricercatori a proporre che la metastasi sia un sottoprodotto di strategie più promettenti come l’auto-semina del tumore primario (vedi sotto) per aumentare il tasso di crescita [48]. Vorremmo proporre un’idea alternativa.
Proponiamo che la metastasi sia essenzialmente una risposta “programmata” controllata dal tumore primario come comunità madre, che modella deliberatamente le cellule per colonizzare territori stranieri. Piuttosto che essere un clone indipendente mutato dal tumore primario, le cellule metastatiche potrebbero essere membri varianti della società con compiti assegnati.
Questa nuova visione deriva da fenomeni analoghi osservati per le colonie batteriche. Dopo l’inoculazione, i batteri formano prima una colonia madre che attraversa un lungo periodo (fino a giorni) di rilevamento dell’ambiente, inviando gruppi di cellule che tornano a casa con le informazioni raccolte e subendo una complessa morfogenesi interna prima di diffondere infine gruppi pionieristici di cellule che migrano e invadono territori lontani. Sembra che le cellule siano collettivamente “preparate” ad avere i tratti appropriati per migrare. Anche dopo le migrazioni iniziali, la colonia madre continua ad assistere la navigazione emettendo segnali come agenti chimici repulsivi. Allo stesso tempo, i pionieri continuano a inviare messaggi di ritorno con informazioni preziose (ad esempio, quando si incontrano stress da antibiotici o altri rischi). Queste informazioni vengono utilizzate, ad esempio, per indirizzare le cellule resistenti agli antibiotici verso luoghi in cui è stato rilevato l’antibiotico, per indirizzare i viaggiatori lontano da luoghi difficili o indirizzarli verso luoghi benefici. I batteri possono anche trasportare spore lungo il viaggio, probabilmente per garantire la sopravvivenza della comunità dopo aver subito attacchi letali.
Parti di questo scenario sembrano applicabili quasi direttamente alla diffusione del cancro. È stato scoperto che il tumore primario può utilizzare segnali chimici per inviare cellule tumorali circolanti aggressive come “spie” per esplorare il corpo (Figura 2) [48]. Può quindi inviare segnali [ad es. Interleuchina (IL)-6 e citochine derivate dal tumore IL-8] alle cellule di spionaggio, indirizzandole a tornare al tumore originale in un processo chiamato autosemina [48]. Sembra che le cellule ritornino con informazioni preziose, poiché è stato dimostrato che l’auto-semina accelera la crescita del tumore, angiogenesi e reclutamento stromale. Proponiamo che le informazioni possano essere utilizzate anche per preparare o selezionare cellule metastatiche con tratti genetici adeguati per affrontare meglio i molteplici pericoli che possono incontrare sulla strada per colonizzare i nuovi territori.
Queste idee possono essere testate, in linea di principio, da esperimenti concettualmente semplici in contesti sia di cancro che di batteri.
Considerazioni conclusive e orientamenti futuri
Le nuove ipotesi chiave ispirate al parallelismo cancro-batteri e ai modi in cui possono essere testate sono presentate nel Box 4. Mentre si può immaginare come queste ipotesi possano aprire la strada a nuovi approcci terapeutici (Box 4), c’è un altro aspetto importante , non discusso qui, che va aggiunto: la complessa interazione del cancro con il sistema immunitario. Il modo in cui la malignità resiste alla risposta immunitaria è probabilmente l’aspetto più impegnativo della tumorigenesi [52,53]. Non è chiaro come questo insidioso gruppo parassitario di cellule possa trarre vantaggio e prosperare nel corpo schivando le risposte immunitarie sia innate che adattative, risposte che si sono evolute per riconoscere e impedire alle cellule aberranti di danneggiare l’ospite. Inoltre, non è chiaro come il cancro riesca a sfruttare più tipi di cellule stromali (p. es., fibroblasti, cellule linfatiche epiteliali, vascolari e mesenchimali specializzate), distorcendo i loro normali processi a proprio vantaggio, impedendo al tempo stesso all’autoimmunità di eliminare le cellule asservite che si comportano in modo anomalo . Ancora più sorprendenti sono le recenti osservazioni che a volte il sistema immunitario può anche essere indotto con l’inganno a promuovere lo sviluppo del cancro [52].
I meccanismi di lotta contro il cancro del corpo sono simili a quelli che combattono i batteri [54] e il cancro, da parte sua, sembra acquisire una varietà di tattiche simili a quelle impiegate dai batteri per superare il meccanismo immunitario. Questi includono, ad esempio, mascherare le cellule per impedire il rilevamento, il rilascio di immunomodulatori per abbattere il sistema immunitario e confondere il sistema immunitario inviando messaggi spuri. Stando così le cose, l’interazione batteri-sistema immunitario può fornire preziosi indizi per una migliore comprensione della complessa relazione cancro-immunità.
Anche prima di raggiungere tale comprensione, i batteri anaerobici (che preferenzialmente colonizzano e proliferano nelle regioni ipossiche, come nei tumori) possono essere reclutati nel prossimo futuro per aiutare il sistema immunitario a combattere il cancro [55]. Come è stato dimostrato, le stesse capacità che questi organismi intelligenti impiegano per ingannare il sistema immunitario possono essere trasformate per superare in astuzia un cancro. La Salmonella iniettata può far sì che le cellule di melanoma formino giunzioni gap con cellule dendritiche immunitarie aggiuntive [56]. Di conseguenza, le cellule dendritiche utilizzano peptidi trasferiti dalle cellule tumorali per “insegnare” alle cellule T a riconoscere e uccidere le cellule tumorali nel sito primario e prevenire la formazione di metastasi. Basandoci su questi risultati e sulle comprovate capacità dei batteri, possiamo immaginare di reclutare batteri “spia” progettati per esplorare il corpo ed esporre le cellule tumorali al sistema immunitario, o reclutare batteri “conflittuali” progettati per parlare la lingua del cancro, promuovere l’uccisione reciproca stimolando il cannibalismo del cancro. Forse stiamo entrando in una nuova era di guerra informatica biologica, in cui impareremo ad arruolare batteri insieme al sistema immunitario per sconfiggere il cancro proprio grazie alla sua “intelligenza sociale”.
Box 1. Infrangere il codice della comunicazione sul cancro
Per sostenere un comportamento collettivo di successo, le cellule tumorali, come i batteri, utilizzano intricate modalità di comunicazione, sia tra loro che con il tessuto stromale circostante, gli organi distanti e il sistema immunitario. La forma più comune è la segnalazione chimica; due esempi di molti sono il sistema paracrino HGF/SF che regola la crescita cellulare, la motilità e la morfogenesi e il sistema autocrino IL-6, che modula la proliferazione cellulare. Un percorso più indiretto sono le interazioni meccanochimiche in cui le cellule possono influenzare altre cellule modificando il loro microambiente meccanico locale.
Alcuni tipi di tumori utilizzano onde di calcio intercellulari, che possono propagarsi (attraverso giunzioni intercellulari) attraverso l’intero tumore. Il ruolo di questo processo a lungo raggio è sconosciuto, ma è probabilmente utilizzato per il coordinamento e la regolazione delle risposte cellulari che sono note per dipendere dalla dinamica del calcio intracellulare, come la transizione alla dormienza, l’apoptosi e la morte cellulare. Inoltre, c’è una grande quantità di nuovi dati che indicano canali di comunicazione ancora più esotici. Le informazioni genetiche, come segmenti di RNA, microRNA e DNA, e persino interi organelli, possono essere trasferite tramite giunzioni gap e nanotubi naturali che collegano le cellule vicine, o essere scambiate tra cellule distanti scambiando piccole vescicole lipidiche chiamate esosomi. Queste pepite informative possono essere utilizzate anche per riprogrammare altre cellule, cooptando le cellule stromali e sconfiggendo la sorveglianza immunitaria. Ad esempio, le informazioni riportate dalle cellule auto-seminanti possono essere utilizzate per costruire e inviare esosomi contenenti informazioni genetiche necessarie per indurre le modifiche appropriate in modo da facilitare la colonizzazione nei territori da invadere.
Infrangere il codice della comunicazione sul cancro può produrre farmaci che combattono il cancro, proprio come gli agenti mirati contro la comunicazione batterica sono ora usati per combattere i batteri. La tubercolosi, ad esempio, viene combattuta con agenti che interferiscono con il rilevamento del quorum batterico. L’interruzione della comunicazione del tumore può ostacolare la sua capacità di schiavizzare le cellule stromali. Quindi, possiamo prevedere farmaci che colpiranno le cellule stromali e quindi impediranno la corretta comunicazione e coordinazione con il tumore (ad esempio, per interferire con la navigazione cellulare durante la diffusione metastatica). Le cellule tumorali possono anche schiavizzare il nostro microbiota intestinale per generare microambienti in cui può nascondersi e prosperare. Pertanto, infrangere il codice del dialogo incrociato tra cancro e batteri commensali può aiutare nello sviluppo di nuove diete e farmaci per evitare che il cancro tragga beneficio dai batteri intestinali. Il benessere di una colonia batterica (ad esempio nella rizosfera) dipende dalla sua effettiva interazione con l’ambiente circostante, sia vivente che non vivente; la situazione analoga vale quasi sicuramente per un cancro in crescita. Alla fine, si può sperare che agenti che rivolgano il cancro contro se stesso, inducano le cellule tumorali a indurre apoptosi e autoschizi l’uno nell’altro, in modo simile all’innesco del cannibalismo batterico e del fratricidio [67]. Tuttavia, ciò va fatto con cautela per evitare la formazione di nuove metastasi da parte delle cellule che fuoriescono da quelle cannibalistiche: è purtroppo possibile che in risposta al cannibalismo alcune cellule tumorali acquisiscano elevate capacità migratorie (parallele alla formazione di cellule batteriche sciamatrici in risposta a stress) e navigare verso nuovi territori.
Box 2. Imparare dal processo decisionale batterico
Le cellule geneticamente identiche hanno la capacità di differenziarsi in vari fenotipi con attributi unici. Questa strategia di sopravvivenza consente alla popolazione di dispiegare continuamente cellule specializzate in risposta e in previsione di possibili cambiamenti drastici delle condizioni. La sporulazione è una di queste opzioni, una risposta estrema a condizioni stressanti che è essenzialmente una scommessa sul futuro incerto che è migliore del presente inospitale. È interessante notare che, sebbene ogni cellula abbia la libertà di determinare il proprio destino, il rapporto tra i diversi fenotipi è regolato per adattarsi alle condizioni attuali. Queste osservazioni implicano che le differenziazioni cellulari stocastiche siano effettuate con quote controllate per soddisfare le esigenze della popolazione nel suo insieme. Studi dettagliati dei circuiti genetici che implementano queste differenziazioni indicano chiaramente il ruolo delle informazioni che arrivano alla cellula sia dal suo microambiente che tramite la segnalazione da altre cellule della colonia.
Proponiamo che la differenziazione delle cellule staminali tumorali (un argomento che non discutiamo qui a causa dei limiti di lunghezza) e la transizione delle cellule tumorali dentro e fuori la dormienza dovrebbero anche essere viste come un processo decisionale collettivo. Tuttavia, c’è una svolta interessante in quanto quando il cancro si ripresenta, spesso lo fa in una forma resistente al trattamento. Proponiamo di cercare suggerimenti sul meccanismo alla base di questo ideando nuovi esperimenti che coinvolgono la sporulazione batterica. L’idea è quella di esporre i batteri alla fame insieme a livelli non letali di antibiotici e successivamente verificare se le spore germinano in cellule con una maggiore resistenza agli antibiotici. Il modo più semplice in cui ciò potrebbe accadere è se ci sono sensibilità variabili all’antibiotico presente nella popolazione originaria e che i più resistenti sono quelli con la tendenza a diventare spore. Attingendo alle proprietà delle cellule dormienti (che potrebbero essere o condividere alcune caratteristiche con le cellule staminali tumorali), una possibilità interessante è che una frazione delle cellule che entrano in dormienza saranno quelle che hanno acquisito l’immunità allo stress applicato.
Le decisioni cellulari sono anche correlate alla formazione degli avamposti tumorali, le metastasi. Stabilirsi in nuovi territori aspri è un’impresa rischiosa. Pertanto, la decisione delle micrometastasi di crescere richiede un’attenta valutazione dell’ambiente e presumibilmente anche i messaggi del tumore primario. Inoltre, è stato dimostrato che diverse micrometastasi vicine devono comunemente decidere di crescere insieme per la piena maturazione delle metastasi [71]. Dopo aver iniziato a crescere, le cellule proliferanti, come gli aspirapolvere, catturano rapidamente il cibo (aria, zucchero, lipidi e sali) dall’ambiente. Quindi, quando il cibo è esaurito, alcune delle cellule tumorali acquisiscono tratti simili ai macrofagi e usano la fagocitosi per nutrirsi delle cellule normali vicine o addirittura l’una dell’altra [50,51]. Il cannibalismo da cancro è indubbiamente simile al fenomeno consolidato del cannibalismo batterico [72], in quanto deve essere gestito con attenzione a causa del suo rischio intrinseco per il gruppo.
Box 3. Navigazione del cancro
L’esodo della colonizzazione delle metastasi inizia con la decisione delle cellule appena emerse con tratti mesenchimali unici di lasciare il nido e navigare verso il sistema vascolare o linfatico. Trovare la propria strada nel labirinto della matrice extracellulare è un compito complesso che richiede molte abilità e una strategia sofisticata. Quando le cellule metastatiche decidono di lasciare il tumore primario, decidono anche se farlo come rilevatori di percorsi o generatori di percorsi. La prima e più semplice strategia viene principalmente eseguita individualmente da cellule che si muovono più velocemente, che usano la loro flessibilità simile a un’ameba per muoversi attraverso la matrice. Il secondo, che richiede una degradazione della matrice dipendente dalla proteasi, richiede solitamente uno sforzo collettivo. Quando gli esploratori rimangono intrappolati in un vicolo cieco, hanno la possibilità di trasformarsi in generatori di percorsi. Entrambi i fenotipi si basano sulla navigazione chemiotattica per trovare la strada.
Proprio come si può concettualizzare la tumorigenesi per analogia con ciò che è stato stabilito per le colonie batteriche, così ci si può aspettare di imparare molto sul processo di navigazione del cancro concentrandosi sulle transizioni della motilità batterica e sullo sciame sociale. Ad esempio, per quanto riguarda i meccanismi con cui le transizioni alla migrazione vengono decise e quindi implementate, possiamo indicare il parallelo tra il circuito del gene sinI e sinR che regola l’impegno vegetativo fino alla sporulazione nei batteri e il circuito del gene Met che regola le transizioni delle cellule mesenchimali a cellule epiteliali nel cancro. Ci sono molti esempi di ambienti batterici in cui le cellule passano a forme mobili sia individualmente che collettivamente. Queste forme mobili rispondono quindi a specifici fattori ambientali e interazioni cellula-cellula al fine di navigare sia all’interno di una singola colonia che alla ricerca di nuove possibilità di colonizzazione. Per Bacillus subtilis, le transizioni a una forma sessile in cui la divisione cellulare non determina la separazione fisica delle cellule sono fondamentali per la formazione iniziale di biofilm; la transizione inversa porta alla dispersione. Allo stesso modo, la dissoluzione delle regioni locali dei biofilm di Pseudomonas, forse in risposta alla morte cellulare locale, porta ancora una volta alla ritrovata motilità, alla dispersione e a una nuova colonizzazione a distanza.
Box 4 – Ipotesi, test e implicazioni terapeutiche ispirate ai batteri
Le intriganti somiglianze tra le comunità di batteri e le cellule tumorali nei tumori motivano l’idea che la socialità batterica possa essere una fonte di ispirazione sulla tumorigenesi. La nostra conseguente ipotesi di fondo è che una solida comprensione del cancro non può essere raggiunta senza concentrarsi sulle sue capacità organizzative collettive. Questa congettura implica specificamente che non è sufficiente studiare l’instabilità genetica non coordinata come un modo per dare un senso alla progressione del tumore e alla resistenza ai farmaci tumorali e suggerisce che la mancanza di comprensione della cooperatività del cancro si traduce nell’incapacità di ideare trattamenti efficaci di lunga durata. Di seguito presentiamo alcune delle ipotesi chiave derivati da questa linea di pensiero e dai modi in cui possono essere testati e concludersi con commenti sulle loro implicazioni terapeutiche.
I tumori primari aiutano le cellule sia a partire che a tornare alla massa cellulare neoplasmatica principale. Questa guida deve assumere la forma dell’emissione collettiva di agenti chimici repulsivi e attraenti con una tempistica adeguata. Questa idea può essere verificata mediante estensioni di protocolli sperimentali che sono stati utilizzati per rilevare tali segnali nelle colonie di microrganismi.
Le informazioni dai nascenti avamposti metastatici vengono riportate al tumore primario, sia restituendo cellule che segnali emessi. Si può studiare questo processo di comunicazione da parte di espianti di tumore in topi nudi, confrontando la crescita di tumori primari con e senza la presenza di siti metastatici secondari di accompagnamento.
Le transizioni dentro e fuori la dormienza sono processi decisionali collettivi, del tipo familiare dal percorso di sporulazione nel Bacillus e dal percorso di accoppiamento nel lievito. Proponiamo di rimuovere i cluster micrometastatici dormienti dai modelli murini e di reimpiantarli in posizioni più adatte; la cinetica di crescita dei trapianti “riusciti” dovrebbe dipendere in modo prevedibile (e altamente non lineare) dal numero di cellule mosso.
I tassi cellulari di esplorazione genetica ed epigenetica, sia a livello di mutazione della singola coppia di basi che a livelli più elevati, sono accoppiati a vie di segnalazione sensibili al microambiente locale. Ciò suggerisce che l’interruzione della segnalazione diminuirà il tasso di emergenza dei cloni resistenti ai farmaci.
Se alcune di queste ipotesi possono essere dimostrate valide, si può facilmente immaginare come potrebbero ispirare nuovi approcci terapeutici. I farmaci che prendono di mira la comunicazione cellula-cellula o percorsi di crescita specifici potrebbero essere combinati con farmaci che prevengono la mutagenesi indotta dallo stress, ad esempio. La rimozione chirurgica del tumore primario potrebbe essere seguita somministrando segnali che mantengono le micrometastasi precedentemente generate nel loro stato dormiente. Tutto ciò si trova nel futuro, ma possiamo iniziare immediatamente questo percorso promettente.
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